La confisca nella responsabilità dell’ente – D.lgs. 231/2001

STUDIO LEGALE
La confisca nella responsabilità dell’ente –  D.lgs. 231/2001
  1. Obbligatorietà della confisca
  2. Confisca ai sensi dell’art. 19 D.lgs. 231/2001 e confisca ai sensi dell’art. 240 c.p.
  3. Natura della confisca ai sensi dell’art. 19 D.lgs. 231/2001
  4. Il profitto confiscabile
  5. Riferimenti giurisprudenziali

Una tematica che passa spesso sotto traccia sulla quale, invero, occorre soffermarsi brevemente riguarda la confisca, quale ulteriore sanzione che viene irrogata dall’Autorità Penale con la sentenza di condanna che ha accertato la responsabilità dell’ente.

Nello specifico la disposizione di riferimento è l’art. 19 del D.lgs. 231/2001: “1. Nei confronti dell’ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato. Sono fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. 2. Quando non è possibile eseguire la confisca a norma del comma 1, la stessa può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente al prezzo o al profitto del reato.”

  1. Obbligatorietà della confisca

Non vi è dubbio che dalla lettera della norma emerga la natura obbligatoria della confisca, e che, in tal senso, debba essere _sempre_ disposta dal giudice ogniqualvolta pronunci una sentenza di condanna per responsabilità amministrativa dell’ente. Ciò posto, ne risulta che, con la condanna dell’ente derivante dalla commissione di uno dei reati presupposto, vengano irrogate, congiuntamente, sanzioni pecuniarie (le quali possono giungere fino alla soglia di un milione e mezzo di Euro), sanzioni interdittive (a titolo esemplificativo: il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione o l’interdizione all’esercizio dell’attività imprenditoriale) se ne sussistono i presupposti, eventuali misure cautelari quali il sequestro preventivo e, unitamente, appunto, la confisca del prezzo o del profitto del reato.

Tornando ad analizzare il citato articolo in materia di confisca, taluni potrebbero sostenere che il termine “può” contenuto all’interno del secondo comma attribuisca carattere facoltativo alla confisca per equivalente (dove, con il termine confisca per equivalente si intende non la confisca diretta del bene in sé, bensì del suo valore monetario equivalente). Si tratta tuttavia di un’interpretazione isolata in quanto il ricorso del legislatore alla locuzione “può” ha il mero scopo di vincolare il giudice a procedervi previa verifica dell’impossibilità di provvedere alla confisca diretta del profitto del reato, e non di attribuirvi natura facoltativa.

Ferma l’obbligatorietà di tale misura, le uniche possibili eccezioni all’applicabilità pratica della confisca sono menzionate dall’art. 19 stesso, e sono: la clausola che fa salvi i diritti del danneggiato (in altre parole viene sottratta alla confisca la somma che può essere restituita in favore del danneggiato dal reato presupposto) e la clausola che fa salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede. Quanto a quest’ultima clausola, si intende che la confisca non può essere disposta, in tutto o in parte, se ciò porterebbe pregiudizio a terzi titolari di diritti acquisiti in buona fede sui beni oggetto di confisca. Pertanto, il giudice nel disporre la confisca, dovrà valutare anche le suddette eventualità.

  1. Confisca ai sensi dell’art. 19 D.lgs. 231/2001 e confisca ai sensi dell’art. 240 c.p.

Nell’investigare la natura della confisca contemplata dalla legge 231, appare inevitabile un confronto con la confisca di natura più generale disciplinata dall’art. 240 del codice penale. La confisca trattata dal codice penale, è una misura patrimoniale di sicurezza fondata sulla pericolosità derivante dalla disponibilità di cose servite o destinate a commettere il reato oppure delle cose che ne sono il prodotto o il profitto, confiscate appunto con la finalità di prevenire la commissione di ulteriori reati. Di contro, la confisca ex art. 19 D.lgs. 231/2001 non ha per oggetto cose pericolose, riguarda piuttosto un profitto geneticamente illecito, operando con la finalità di sottrarre tale profitto dal circuito economico e ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato presupposto.

  1. Natura della confisca ai sensi dell’art. 19 D.lgs. 231/2001

Se volessimo definire quella che è la natura della confisca disciplinata dal Decreto legislativo n. 231 del 2001, potremmo affermare che essa ha natura di sanzione e, nello specifico, potremmo definirla come una sanzione principale, obbligatoria ed autonoma. Tale caratterizzazione investe tanto la confisca diretta di cui all’comma 1 dell’art. 19, tanto la confisca per equivalente menzionata al comma 2 del citato articolo.

Come già menzionato sopra, la sua finalità è quella di eliminare dal circuito economico una determinata utilità suscettibile di valutazione monetaria che proviene da un reato commesso in favore dell’ente.

  1. Il profitto confiscabile

Quanto al profitto confiscabile, esso è definibile come quel vantaggio di natura economica che si traduce in un incremento patrimoniale dell’azienda di diretta e immediata derivazione causale dal reato. Ha un significato quindi più ampio rispetto a quello economico o aziendalistico, secondo cui il profitto corrisponde all’utile netto, ossia ai ricavi meno i costi. In altre parole, si tratta della creazione di nuova ricchezza generata dalla consumazione del reato. Per offrire una visione d’insieme, i requisiti propri del profitto sono la materialità, l’attualità (presenza del bene confiscabile in quel dato momento), l’idoneità ad essere oggetto di valutazione economica e che ciò si traduca in una variazione di segno positivo nella situazione dell’ente beneficiario. Per esempio, nei reati derivanti da un contratto nel quale l’esecuzione delle prestazioni avviene con modalità illecite, il profitto confiscabile è pari al corrispettivo incassato in ragione delle condotte illecite.

  1. Riferimenti giurisprudenziali

Sul punto confisca, si sono espresse le Sezioni Unite con la Sentenza n. 11170 del 25/09/2014 con la quale è stato definitivamente statuito che: “L’applicazione della sanzione della confisca del prezzo o del profitto del reato prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, commi 1 e 2, non è lasciata alla discrezionalità del giudice, ma è obbligatoria.” Anzi, il tenore letterale del citato articolo 19 adoperato dal legislatore “non si presta ad alcun equivoco: una volta accertato il reato presupposto e stabilita la responsabilità dell’ente, il giudice deve confiscare il prezzo e/o il profitto del reato”.

A livello di giurisprudenza delle corti territoriali, si è recentemente pronunciato il Tribunale di Vicenza con sentenza del 27/05/2021, n. 229 con la quale il Giudice ha disposto la confisca della somma di Euro 3.000 quale prezzo del reato di corruzione (somma promessa dal corruttore al pubblico ufficiale con il fine di ottenere un affidamento lavori su di un’opera comunale). La società subì, unitamente alla confisca, una sanzione pecuniaria di Euro 120.000, oltre che la condanna al pagamento delle spese processuali.

E da ultimo si segnala una recente pronuncia del Tribunale di Pordenone, laddove si afferma un ulteriore principio ovvero che la confisca svolge una funzione di deterrenza, risponde ad esigenze di giustizia e, allo stesso tempo, di prevenzione nella commissione di reati presupposto da parte della collettività e di reiterazione da parte del condannato.

Avv. Enrico Barbaresco